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Quella sera dorata / Peter Cameron ; traduzione di Alberto Rossatti
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Cameron, Peter <1959- >

Quella sera dorata / Peter Cameron ; traduzione di Alberto Rossatti

Milano : Adelphi, 2006

Abstract: Non sorprende che James Ivory abbia accettato di curare la regia di un film, tuttora in lavorazione, tratto dal romanzo Quella sera dorata dello statunitense Peter Cameron. Calato in atmosfere rarefatte e sospese nel tempo, orchestrato su dialoghi brillanti, il romanzo ben si accorda infatti con la cifra stilistica del regista californiano. Un romanzo, quello di Cameron, per molti aspetti dal gusto vagamente retrò, capace di evocare situazioni e modi di certa narrativa ottocentesca. Un romanzo tuttavia moderno, per le inquietanti tematiche che lo attraversano nell'ambrato crepuscolo di un Uruguay del tutto immaginato e per certi versi simile a quelle isole inesistenti di certe commedie scespiriane. A muovere l'azione drammatica è Omar Razaghi, un goffo dottorando iraniano, alle prese con un'incerta carriera nell'Università del Kansas. Conditio sine qua non per ottenere una borsa di studio è la stesura della biografia di uno scrittore latino americano di origine ebrea, un certo Jules Gund , costretto a fuggire dalla Germania nazista prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Trascurato dalla critica, egli scrisse un solo romanzo prima di spararsi un colpo in un bosco vicino la sua casa in Uruguay. L'eventuale pubblicazione di una sua biografia potrebbe salvarlo dalla dimenticanza, ma i suoi eredi negano a Omar l'autorizzazione a procedere nel suo lavoro. È l'ambizione forsennata della fidanzata Deirdre a spedire Omar a perorare la sua causa nella tenuta dei Gund a Ochos Rìos. Come l'isola del Prospero scespiriano, la tenuta desolata diviene teatro di profonde trasformazioni per tutti i personaggi che la abitano. La presenza di Omar altera infatti i precari equilibri di casa Gund, dove la vedova Caroline convive con Arden, la più giovane amante di Jules, e la loro figlioletta Porzia, e dove Adam, il fratello gay dello scrittore scomparso, conduce un difficile ménage con Pete. Una quadriglia di intelligenze sottili che danno voce ad agilissimi dialoghi a fil di lama a metà strada tra Wilde, Shaw e Pinter. I personaggi emergono gradualmente in vivacissimi duelli linguistici, dove l'idioletto di ciascuno si impone all'attenzione come carattere fortemente distintivo. Il dandysmo di Adam, ad esempio, si rivela anche attraverso il suo linguaggio raffinato infarcito di paradossi, ossimori e litoti mentre le chiusure e lo snobismo di Caroline si riflettono nel suo eloquio parsimonioso e autoironico. Brevi scambi di battute bastano a definire mutamenti di alleanze, impercettibili ostilità, l'insorgere improvviso di sentimenti. Maestro del non detto e dell'understatement, Cameron sa costruire personaggi a tutto tondo, lasciando tuttavia profonde zone d'ombra. Una cifra stilistica, questa, che va di pari passo con un nodo tematico del romanzo. Nel tentativo di carpire i segreti del passato dei tre eredi, Omar si rende conto a poco a poco di quanto sia difficile strappare il velo di Maya che protegge la vita di ognuno, e pertanto di quanto il suo lavoro rischi di divenire mistificatorio. Scrittura e vita divengono a un certo punto transitive, perché Omar giunge a riconsiderare la sua stessa vita, a interrogarsi sui punti insoluti, decidendo infine di darle un altro corso. La metamorfosi di Omar trova un'oggettivazione simbolica di morte e rigenerazione nel passaggio dallo stato di coma, in cui egli cade in seguito alla banale puntura di una vespa, al risveglio in cui la sua vita assume nuovi significati. L'andamento della trama è quello di una commedia piuttosto tradizionale dove i frantumi delle vite di ognuno sembrano ricomporsi verso un finale rasserenante, tuttavia malinconico. Alcuni punti rimangono oscuri, e come nelle migliori commedie scespiriane, qualcuno rimane da solo ad affrontare l'approssimarsi della morte. (Susanna Battisti per L'Indice dei libri del mese)

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bellissimo

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