Abstract: È un romanzo fuori dal comune per almeno due ragioni: la prima ha a che fare con il mondo quasi esclusivamente femminile evocato, lungo l’arco di tre generazioni, con accenti sicuri, con pacata adesione, il secondo pertiene alla tonalità della scrittura – distaccata, severa, infallibile. Sono ragioni che da una parte sgretolano il sospetto della saga famigliare e dall’altra asciugano la tensione sentimentale (che pur tuttavia c’è ma emerge come una spoglia, nuda percezione del tempo e della vita). Si racconta la storia di Cora, andata sposa a Emerson Atkins un anno dopo che questi si è trasferito a Ovest con il fratello Orion «per occupare una terra del governo nelle grandi pianure». Da quello che il lettore indovina essere stato l’unico traumatico amplesso della coppia nasce Madge. Emerson e Cora conducono un’esistenza scandita dalle incombenze quotidiane: l’erba da falciare, le vacche da mungere, le uova da raccogliere, ma è come se questi atti venissero via via tracciando – soprattutto attraverso il filtro interiore di Cora – il disegno, la cifra di una insondabile ma fortissima fedeltà all’esistenza. E in questa fedeltà entra certa necessaria bizzarria, un’eccentricità che sottolinea ancor meglio la silenziosa autonomia (o, per usare una parola più grossa, l’emancipazione psicologica) di una donna apparentemente «antica» e «rimossa» come Cora. Alle sue spalle il respiro enorme della pianura, l’invadenza del dolore, gli accidenti e gli incidenti, che vanno di pari passo con la trasformazione (quasi impercettibile) del paesaggio naturale e sociale. A tutta prima la nipote Sharon Rose, guadagnata un’altra area di autonomia (è musicista, vive a Chicago), sente in Cora – ma senza ostilità - un parametro esistenziale negativo (replicato in versione piccolo borghese da Madge), per poi guadagnare una diversa, più complessa, più sofferta percezione della zia, dei suoi silenzi, delle sue bizzarie (da una di esse – l’acquisto di una pianola meccanica – discende la «scoperta» della musica di Sharon), della sua «rettitudine». Ecco, è questa la parola. Difficile. Ambigua. Ma decisiva. Se il ritratto di Cora è letterariamente davvero indimenticabile è anche perché lo scrittore cerca in lei questa dimensione morale. Cora non è retta perché aderisce a una morale corrente, ma perché dentro la morale corrente si scava uno spazio di fedeltà a se stessa (di fedeltà anche a ciò che non può, che non sa dire) dentro il quale matura e invecchia. «Questi furono anni buoni per Cora», scrive Wright Morris, «Molte cose le confermavano la sensazione che la rettitudine della loro vita fosse la Sua rettitudine. I polli, le persone e le uova avevano il loro posto stabilito, i cambiamenti le loro stagioni stabilite, la notte il suo sonno stabilito». Tutto cambia, nel giro di cinquant’anni: il Nebraska selvaggio, l’America, le donne (Sharon frequenta gruppi e convegni di femministe arrabbiate). Eppure il viso severo di Cora (e la sua malinconia quando le tortore si lamentano), certa sua gestualità (camminare con i gomiti sollevati anche quando le mani sono libere da pesi o ingombri), si incide sulla cortina del tempo come un richiamo, come un lamento, come un monito, come un’insistenza. Canto delle pianure è fuori dalle mode, fuori dal comune, è un’opera «paziente». E perciò, di lunga durata. Fonte: Alberto Rollo su Diario.it
Titolo e contributi: Canto delle pianure : per voci femminili / Wright Morris ; traduzione di Alessandro Roffeni
Pubblicazione: [S. l.] : Giano, 2002
Descrizione fisica: 255 p. ; 19 cm
ISBN: 8874200056
Data:2002
Lingua: Italiano (lingua del testo, colonna sonora, ecc.)
Paese: Italia
Sono presenti 1 copie, di cui 0 in prestito.
Biblioteca | Collocazione | Inventario | Stato | Prestabilità | Rientra |
---|---|---|---|---|---|
Pieris-San Canzian d'Is. | NARRATIVA MORRW CAN 813.5 | 10-22755 | Su scaffale | Disponibile |
Ultime recensioni inserite
Nessuna recensione
Clicca sulla mappa dove vuoi posizionare il tag