"I libri buoni sono sempre anche veritieri, perfino quando raccontano vicende che non sono mai successe e non succederanno. Sono veri in un altro senso: se parlano per esempio di cosmonautica lo fanno in modo che il lettore sperimenti il silenzio spaziale, tanto diverso da quello terrestre, così perfettamente immobile." Leggi e ti trovi subito dentro un'enorme astronave: dai vetri uno spazio infinito e inanimato, dove il suono non esiste, perché le vibrazioni non si propagano nel vuoto. In lontananza brilla un solitario corpo celeste, sospeso come i lunghissimi tempi di navigazione. Favole di robot per robot, oppure le vicende tragicomiche di due inventori spaziali in costante competizione o, ancora, le avventure del pilota Pirx, forse il più umano tra tutti i protagonisti di "Universi", la monumentale raccolta del 2021 che riunisce i racconti brevi del polacco Stanislaw Lem (1921-2006), noto al grande pubblico soprattutto per "Solaris", da cui anche la fortunata versione cinematografica di Tarkovskij del 1972, che peraltro Lem non apprezzò. "Universi" è "Le mille e una notte" in versione fantascientifica, ma con QI 180. Gli elementi di chimica, fisica, astronomia e matematica si amalgamano con grandissima verosimiglianza alla speculazione filosofica e all'indagine investigativa, creando collegamenti inediti, che aprono la porta a riflessioni sui massimi sistemi. Tra gli appunti degni di nota quello sul codice genetico, uguale per tutti, quindi universale, indipendentemente dalla complessità della forma di vita. Lem suggerisce che tutte le forme di vita altro non siano che l’impalcatura necessaria a trasmettere il messaggio del codice, che secondo uno studio del 2018 (https://www.pnas.org/doi/10.1073/pnas.1721369115) pare sia anche più antico dello stesso DNA.
Lem pagò le conseguenze della sua grandissima originalità e la provenienza dai paesi dell'ex Unione Sovietica: nonostante in termini di vendite sia lo scrittore di fantascienza più letto al mondo, non venne mai celebrato quanto i suoi omologhi d'oltreoceano, come per esempio Philip K. Dick, decisamente più abbordabili dal grande pubblico. Aveva, a quanto pare, anche un carattere non semplice: sembra che i familiari gli lasciassero dei bigliettini con le varie incombenze quotidiane, causa le scarsissime interazioni. La sua evidente neurodiversità gli causò anche svariati problemi, come la necessità di svolgere una serie di rituali quotidiani e una fortissima e probabilmente voluta solitudine, percepibile per tutta la raccolta, tanto che si può affermare che questi racconti non riguardano tanto le interazioni tra esseri umani, quanto le interazioni tra un cervello e gli oggetti intorno. Per entrare in "Universi" e arrivare fino in fondo ci vuole una mente aperta come lo spazio e una certa dedizione, ma il viaggio, anche quando fa sudare, è stellare. ⭐️